Il giocatore di carte aveva immerso le sue mani nel fiume. Dopo un tempo lunghissimo e istantaneo, le aveva sollevate e poi appoggiate con amore su un foglio. Un segno luminoso si era impresso per sempre.

Il giocatore si era immerso nel lago, era tiepido e calmo, uno specchio per le infinite galassie. L’acqua era il tutto. Presente e passato, futuro e possibile, vissuto e da vivere, tutto era connesso, l’unità della vita splendeva di infinite stelle.

Allora prendeva la sua coperta calda e antica, come se prendesse un libro caro, come se accarezzasse un animale fedele, come se chiamasse a sé la sua memoria, il suo tempo, le sue vite…

Pioggia sul paese nella baia. Dolci colline, il mare calmo, lucido come una perla. La pioggia è come polvere, non scende pesante, è una nuvola che avvolge tutto. L'erica in fiore allaga di porpora l'orizzonte.

Le tenebre erano fitte, non c’erano segnali, spiragli, occasioni, la donna si fermò impaurita, toccando la pietra, ma nel gelo che avvertiva sentì un battito leggero, o forse era il suo cuore che voleva vivere.

A tratti abbassava le palpebre e ascoltava il suo respiro, come se la sua esistenza fosse tutta lì, in quel ritmo lento e inevitabile, pulsante come un segnale elettromagnetico, per dire: ecco, sono, vibro, trasmetto.

Nella notte i disegni delle carte svaniscono, ma radunandole, quella sera di fine inverno, una di esse rimase fra le sue dita. L'acqua del mare gli riempì le mani.